Noi facciamo la storia, mentre quelli fanno i piani
Il mondo capitalista o sedicente anticapitalista organizza la vita sul modello dello spettacolo… Non si tratta di elaborare lo spettacolo del rifiuto ma di rifiutare lo spettacolo.
Detour. La canaglia a Genova, prima edizione, luglio 2002
Stefano Serretta I admit, some of this shit is too far fetched for me to believe, but I don’t believe in coincidences anymore , 2019 /felt-tip and acrylic on paper 35 × 50 cm Courtesy of the artist and Laveronica gallery
VOI G8 NOI 6.000.000.000
Per chi in quelle giornate di luglio ha sfidato i potenti della terra. Per chi ha gridato contro le ingiustizie. Per chi voleva rovesciare la storia. Per chi non ha abbassato la testa. Per il sangue versato. Per Carlo, perché faceva paura. Per la nostra rabbia, perché faceva paura. Per chi non si accontenta dello slogan «avevamo ragione». Per chi crede ancora in un altro mondo possibile. Per chi è dentro e contro la storia dei vincitori, perché sa ancora sognare e ribellarsi.
Alex Majoli, 003-4A, Genova G8, 2001 /inkjet print 61 × 40 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Genova vent’anni dopo. «Una sommossa sociale invade la città. Una sommossa calunniata dai politicanti e venduta dai giornalisti, attaccata dalle cariche della sbirraglia e soffocata dalle chiacchiere degli specialisti» [i]. Cosa rimane di quella imponente mobilitazione anticapitalista e delle sue forme di resistenza, simbolo ancora oggi delle lotte globali? Cosa ha rappresentato per la nostra generazione e quante volte ce lo siamo chiesti. Lo chiamavano il “movimento contro la globalizzazione” e così si è auto-narrato quel ciclo di lotte, culminato nell’estate del 2001, la cui potenza creativa, rivive ancora nelle contro-narrazioni e articolazioni estetico-politiche che L’Archivio Insorgente di Marco Scotini – una sorta di affondo ed espansione del progetto ormai ventennale Disobedience Archive – mette in scena come racconto plurale e antagonista negli spazi de Laveronica arte contemporanea e del Media Center ricostruito a Palazzo De Leva, sempre a Modica, evitando qualsiasi postura vittimistica o rappresentazione simbolica del conflitto. Non una mostra-archivio ma l’assemblaggio di molteplici insorgenze molecolari e focolai d’enunciazione, costitutivamente inarchiviabili. Chi ha avuto il potere di raccontare o di cancellare, di ridefinire i regimi di storicità o i modi di sparizione di corpi, opere, soggettività politiche ed enunciati collettivi? L’archivio non esiste in sé. Esiste quando lo attiviamo, come un’irruzione nel presente, nel «tempo dell’attualità» e della rottura. È allora che il balzo della tigre dalle assolate strade genovesi, precorre istanze moltitudinarie e diventa uno spazio di politicizzazione, un laboratorio di conflitto per esprimere un rifiuto radicale e autentico contro il capitalismo neoliberale. E come riconfigurare, oggi che il nostro presente ha l’orrida maschera dell’attualità, quel potente atto di insubordinazione contro l’ordine del mondo che ci stringe in un assedio sempre più soffocante e controlla i nostri corpi, le nostre vite?
Armin Linke Carlo Giuliani, G8 Summit, piazza Gaetano Alimonda, Genova, Italy, 2001 Stampa fotografica su alluminio/photographic print on aluminum 50 × 60 cm Courtesy of the artist and Vistamare gallery
Armin Linke G8 Summit, Genoa, Italy, 2001 Stampa fotografica su alluminio/photographic print on aluminum 50 × 60 cm Courtesy of the artist and Vistamare gallery
«Nelle foto di Genova 2001 ci sono figure, in strada, con le mascherine mentre la sua mappa segna i bordi tra una zona gialla periferica e una inviolabile zona rossa centrale a cui, come è noto, era consentito l’accesso solo a quelli muniti di un pass speciale. Abitanti carcerati in casa e forze dell’ordine ovunque: tutto un campionario visivo che ci è diventato molto familiare. Non era, di fatto, Genova una città in stato d’assedio? Quando oggi ogni città del mondo non fa altro che riprodurre – ad un’altra scala ma in ogni giorno e ora – la Genova dei tre giorni di luglio 2001, ecco che Genova cessa di essere un lutto da celebrare per divenire una festa da rinnovare, come ha già detto qualcuno». Così Scotini introduce The Insurgent Archive/L’archivio insorgente nella duplice sede espositiva – le stanze della galleria che ospitano le opere di Bernardette Corporation, Emory Douglas, Adelita Husni-Bey, Armin Linke, Alex Majoli, Jean-Gabriel Périot, Lisl Ponger, Oliver Ressler (con Dario Azzelini), Stefano Serretta, Carola Spadoni con The Peripatetic Film & Video Archive e Jonas Staal e il Media Center a Palazzo De Leva dove convergono risorse funzionali e spazi di agibilità politica, attraversati e riattivati da testimonianze, registrazioni sonore e filmiche, ephemera, materiali d’archivio e tracce documentali provenienti da vari archivi di movimento, tra cui Indymedia Italia, Radio Gap, StorieInMovimento, Archivio Primo Moroni. E non è accidentale che questa circostanza accada proprio in Sicilia, sia perché la galleria fondata e diretta da Corrado Gugliotta persegue, da sempre, una linea di ricerca militante e orientata alle questioni politico-sociali nel campo dell’arte, sia perché nel giugno di quello stesso 2001 Catania, sull’onda delle dimostrazioni di Seattle e degli anti-summit, era stata al centro del quarto Hackmeeting, dopo quelli di Firenze (1998), di Milano (1999) e di Roma (2000), dove si riunirono hacker e mediattivisti di diversa provenienza per la costituzione del nucleo storico di Indymedia Italia, il cui scopo era quello di affiancare, alle storiche radio di movimento, le fanzine autogestite e le emittenti pirata, nuove forme di controinformazione assembleare, indipendente e orizzontale.
Immagine di un Media Center tratta da Radio Gap. Le parole di Genova, a cura di Anaïs Ginori, Fandango Libri, Roma, 2002.
La memoria è un ingranaggio collettivo
Proponiamo un micro-archivio, con estratti di testi, resoconti, documenti e testimonianze visive, che nella sua versione estesa è raccolto nel Media Center a Palazzo De Leva. Perché Genova è dappertutto*
«Un pensiero ossessivo da alcuni mesi si aggira per l’Europa: è finito un ciclo del movimento, o addirittura è finito il ciclo del movimento – scrivono da Derive Approdi nel 2003 – E se invece il movimento globale, rompendo i tradizionali meccanismi della rappresentanza, avesse definitivamente messo in crisi lo schema dei cicli e del riflusso?» [ii]
Jonas Staal Propaganda Notes, 2010-ongoing, inchiostro su carta/Ink on paper 21 × 14,5 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
«Nella storia dei movimenti della sinistra radicale ogni fase fa storia a sé, ed è improprio richiamarla per tentare di inquadrare le mobilitazioni internazionali contro i vertici (neo)liberisti: gli anni ottanta non sono i novanta e entrambi non sono i settanta. Nei movimenti della stagione dei “controvertici” si comincia a intravedere però una diversità sostanziale rispetto alla politica della sinistra rivoluzionaria dei decenni precedenti, quando la piazza veniva in qualche modo determinata dalla volontà delle organizzazioni della sinistra che convocavano le manifestazioni. I livelli di partecipazione e il grado di conflittualità venivano previsti, controllati, dosati in base all’obiettivo politico delle strutture organizzatrici. A Genova questa dinamica viene meno, suscitando uno shock da cui molti faranno fatica a riprendersi». [iii]
Lisl Ponger Sommer in Italien-Genua, August 2001, 2001 c-prints 30 × 40 cm (series of 6 photographs) courtesy of the artist and Charim Galerie
Genova ha prodotto una duplice spaccatura: emotiva e soggettiva, per gli arresti e la violenza degli scontri, le botte e l’omicidio di Carlo Giuliani; sia nell’immaginario politico per la pervasività del suo impatto mediatico senza precedenti, condannata e spettacolarizzata in un flusso inarrestabile di migliaia e migliaia di scatti, girati e immagini, dove è stato ripreso e filmato tutto. Il movimento irrompe con forza, la contagiosa insubordinazione eccede nelle strade, conquista la scena pubblica e da lì in avanti «nulla sarà come prima». La camera è stata uno strumento capace di una «contro-violenza rivoluzionaria». Non siamo stati sconfitti dalla repressione. La piazza che esonda e rifiuta la mediazione dei portavoce del movimento, apre il conflitto. Rovesciare la situazione è possibile.
Alex Majoli 003-4A, Genova G8, 2001 /inkjet print 61 × 40 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Assalto al cielo: fenomenologia della guerriglia urbana
«In pochi sembrano pensare – e nessuno osa dire – che se la polizia ha represso duramente, è stato soprattutto perché si era creata una situazione che le era sfuggita di mano, e che Carlo Giuliani è stato ucciso brutalmente – rispetto ai modi molto più raffinati con cui il dominio uccide e lobotomizza quotidianamente e tanto più tristemente milioni di suoi simili – perché quel giorno, assieme ad altre migliaia di persone, aveva avuto il coraggio di ribellarsi».
Detour. La canaglia a Genova [iv]
«Get rid of Yourself è stato descritto da Bernadette Corporation, come un “anti-documentario”. Nonostante il sonoro e le immagini siano stati ripresi durante le rivolte di Genova, 2001, il materiale è stato ricomposto di modo da ricreare l’intensità di un’esperienza condivisa, più che produrre l’ennesimo documentario sullo scontro, iper-mediatizzato, del contro-summit del G8. Il film dichiara il suo stesso esilio da uno spazio-tempo biopolitico nel quale nulla succede davvero. Gli artisti descrivono Get rid of Yourself come “un ciné-tract che si allinea a forme nascenti di resistenza politica all’interno del movimento anti-globalizzazione… un film che funziona ingannando la propria forma».
Marco Scotini, Disobedience Archive, sezione “Protesting Capitalist Globalization”, 2004.
Bernadette Corporation, Get Rid of Yourself, 2003, video, 61’. Courtesy Bernadette Corporation, Greene Naftali, New York.
Bernadette Corporation, Get Rid of Yourself, 2003, video, 61’. Courtesy Bernadette Corporation, Greene Naftali, New York.
Bernadette Corporation, Get Rid of Yourself, 2003, video, 61’. Courtesy Bernadette Corporation, Greene Naftali, New York.
Bernadette Corporation, Get Rid of Yourself, 2003, video, 61’. Courtesy Bernadette Corporation, Greene Naftali, New York.
Durante l’estate 2001, il collettivo Bernadette Corporation con sede a New York e Parigi collabora con Le Parti Imaginaire, un gruppo di militanti e intellettuali post-situazionisti, legati a l’emergente movimento no global. Insieme girano Get Rid of Yourself, un ciné-tract-documentario che usa le parole e le immagini dei Black Bloc per ritrarre la lotta contro la globalizzazione come una finzione, uno spazio per perdersi volontariamente e agire nel “rifiuto dell’identità”, vestiti di nero, col passamontagna per bloccare il summit. Gran parte del filmato racconta le inaudite violenze che tutt* conosciamo: barricate convulse, manifestanti incappucciati, saccheggi di banche e supermercati, mentre le tattiche e le “zone offensive d’opacité” del gruppo si scontrano con la feroce repressione delle forze dell’ordine, tra sciami di poliziotti, grida, sangue e gas lacrimogeni. Altri passaggi sono ambientati nelle settimane successive alle proteste, quando Bernadette Corporation si trova in una spiaggia calabrese per fare il punto sulla violenza, malinconico contraccolpo alla compressione dei fatti di Genova, fino al montaggio contrastante con i tentativi che l’attrice glamour Chloë Sevigny continua a fallire nello sforzo di imparare le battute sulla protesta, che recita in cui in una cucina alto-borghese mentre fuma e descrive il “piacere folle provato nello spaccare un bancomat con un martello”, rovesciando contro le funzioni che il capitale esercita dentro l’Impero, con gli strumenti dell’arte e soprattutto della moda.
Lisl Ponger Sommer in Italien-Genua, August 2001, 2001 c-prints 30 × 40 cm (series of 6 photographs) courtesy of the artist and Charim Galerie
Lisl Ponger Sommer in Italien-Genua, August 2001, 2001 c-prints 30 × 40 cm (series of 6 photographs) courtesy of the artist and Charim Galerie
«Attori e membri del gruppo teatrale austriaco VolxtheaterKarawane sono stati arrestati mentre tornavano a casa, non durante una manifestazione o una performance. Pare che la polizia abbia trovato qualche bastone, due maschere e una mappa di Genova. Le maschere e i bastoni sono strumenti di scena. È molto probabile che siano stati feriti nell’arresto, ma nessuno – nemmeno i genitori – tranne l’avvocato italiano ha il permesso di parlare con loro».
Lisl Ponger, artista.
Lisl Ponger Sommer in Italien-Genua, August 2001, 2001 c-prints 30 × 40 cm (series of 6 photographs) courtesy of the artist and Charim Galerie
Il 22 luglio, venticinque membri di PublixTheatreCaravan (VolxTheaterKarawane), la compagnia di teatranti austriaci che aveva partecipato pacificamente ai cortei del 19, 20 e 21, furono arrestati con l’accusa di appartenere ai Black Block. La loro permanenza in carcere durerà circa un mese. «Dopo il vertice del G8, nell’agosto 2001, Lisl Ponger si è recata di nuovo a Genova a sostegno del VolxTheaterKarawane, cui era stato impedito di lasciare l’Italia durante il breve periodo di carcerazione. Rispetto a numerosi altri documentari e performance (teatrali) che hanno affrontato e documentato gli eventi durante il summit, la serie fotografica di Ponger, Sommer in Italien (Estate in Italia, Genova, agosto 2001) è incredibilmente trattenuta. Ponger non rappresenta la vergognosa violenza della polizia, il trauma dei manifestanti che protestavo conto la globalizzazione o la devastazione della città nel corso degli eventi. Piuttosto, si concentra su quello che è rimasto, le vestigia latenti che restano impresse nei luoghi, anche molto tempo dopo gli eventi. Queste vestigia sono di natura diversa: dalle scritte sui muri alla Diaz dopo la mattanza, ai cancelli sigillati. Le foto di Ponger delle piazze deserte, del media center indipendente e degli edifici centrali, come Palazzo Ducale, sembrano le istantanee di una vacanza privata. Eppure raccontano ancora più fortemente le storie di coloro che sono assenti e indicano uno spostamento temporale. Per Ponger non c’è “né una memoria ermetica né una definita innocenza delle immagini” (Buchschwenter). Le sue opere registrano quello che non è più presente, rimandano a un’assenza».
Documenta 11 [v]
Stefano Serretta Gimme, gimme, gimme, push, push, push, step, step, step, crush, crush, crush, 2019 /indian ink acrylic and felt-tip on paper 21 × 29,7 cm Courtesy of the artist and Laveronica gallery
Contro l’Europa dei potenti ora e sempre disobbedienti
«Lo spettacolo di Genova sperimentalmente ristrutturata per una “situazione di crisi” il mattino di venerdì 20 luglio era veramente inedito. Tutta la città medioevale e parte di quella ottocentesca trasformate in un funereo ghetto cinto da grate nere alte cinque metri, che imprigionavano nella cittadella degli 8 Ganster gli ultimi abitanti che non si erano lasciati indurre alla fuga».
Detour. La canaglia a Genova, prima edizione, luglio 2002
Oliver Ressler Disobbedienti (Dario Azzellini & Oliver Ressler), 2002 /SD, 54′ Courtesy of the artist and The Gallery Apart
Oliver Ressler Disobbedienti (Dario Azzellini & Oliver Ressler), 2002 /SD, 54′ Courtesy of the artist and The Gallery Apart
Oliver Ressler Disobbedienti (Dario Azzellini & Oliver Ressler), 2002 /SD, 54′ Courtesy of the artist and The Gallery Apart
Oliver Ressler Disobbedienti (Dario Azzellini & Oliver Ressler), 2002 /SD, 54′ Courtesy of the artist and The Gallery Apart
Oliver Ressler Disobbedienti (Dario Azzellini & Oliver Ressler), 2002 /SD, 54′ Courtesy of the artist and The Gallery Apart
«Disobbedienti si apre su un maxi schermo bianco di fronte a una platea vuota, installato in Piazza Maggiore a Bologna, per un evento pubblico. Lo schermo (quello su cui aspettiamo di vedere il nostro film) si raddoppia dunque in un altro schermo (anch’esso in attesa di una possibile proiezione) mentre una voce off recita «Siamo qui in Italia dove tutti i media della comunicazione sono nelle mani di un’unica persona. È una situazione quasi paradossale come in una nazione dell’America Latina». La voce è interrotta dallo slogan urlato, ancora fuori campo: «Contro l’Europa dei potenti, ora e sempre Disobbedienti», mentre il segno grafico della parola «disobbedienti» scende sopra lo schermo e funge da titolo di testa del film. In questa sorta di prologo si dirige l’attenzione immediatamente a due delle componenti al centro del conflitto del movimento italiano delle Tute bianche che, nei giorni delle proteste di Genova, abbandona il suo simbolo di riconoscimento (la veste bianca del lavoratore contrapposta alla tuta blu della classe operaia) e prende il nome di Disobbedienti. Da un lato c’è il monopolio mediatico di Berlusconi (che inaugura la figura dell’imprenditore-politico) e dall’altro il nesso inscindibile tra pratiche di lotta e di comunicazione portato avanti dal movimento (che intende dare visibilità a ciò che rimane invisibile, come il lavoro precario, e rivendicare il reddito di cittadinanza). Ma lo schermo bianco rimane quasi una sorta di matrice compositiva del video che, sottraendo momentaneamente le immagini, crea degli intervalli nel montaggio lungo la serie di riflessioni teoriche di sette membri del movimento italiano»
Marco Scotini, Artecrazia [vi]
Alex Majoli 001-11, Genova G8, 2001/inkjet print 61 × 40 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Punto G – Genere e globalizzazione
«Quando arriveranno gli otto capi di Stato i negozi saranno chiusi, i panni non si potranno stendere, non ci sarà probabilmente quasi nessuno nelle zone dove passeranno i cortei o dove ci saranno le azioni.
Questo è un clima che proviene da una cultura violenta e aggressiva.
L’esposizione muscolare di ricchezza e lo spiegamento di forze di polizia crea tensione. I miei vicini di casa vanno in vacanze, il mio verduraio chiude.
C’è un clima da coprifuoco, come alla vigilia di un colpo di stato. Tutte le persone latinoamericane che sono venute a Genova rivivono brutti ricordi.
[…]
Ci sono le ragazze dei centri sociali che hanno detto che il 20 luglio, quando faremo la prima azione delle donne, saranno con noi. Poi, naturalmente, siccome parte della loro esperienza sta anche altrove, andranno anche altrove. Spero di no, perché non vorrei che si facessero male.
il 16 giugno 2001 in piazza Matteotti la camminata con le reti di stoffa intrecciate portate dalle donne che presero parte a PuntoG.
Una rete globale che deve costituire un forte controcanto alle proposte del G8.
15-16 giugno. Le donne di Marea e della Marcia Mondiale delle donne hanno organizzato a Genova Un altro convegno internazionale: “Punto G – Genere e globalizzazione. Una scelta di anticipo delle contestazioni al summit del G8 condivisa dalle oltre 140 associazioni e gruppi che, riuniti nella rete della Marcia mondiale delle donne contro le guerre, la violenza e la povertà hanno trattato pubblicamente i temi che sarebbero stati ripresi a Genova un mese dopo in una atmosfera di partecipazione, e commozione, che non si vedeva da anni. Donne algerine, curde, afgane, indigene, ecuadoregne, colombiane e donne italiane hanno iniziato a giugno un percorso di riflessione, autoformazione e condivisione di esperienze femministe (e non) che ha portato l’eco delle marce di Pechino e di Porto Alegre fino a luglio, al Public Forum e alle manifestazioni».
Monica Lanfranco, Marea [vii]
Carola Spadoni Chiapas/EZLN Genova/G8, senza rivoltelle (Carola Spadoni with the Peripatetic Film & Video Archive), 1996-2021 video monolocale con audio/Studio video with audio 19′ 19” courtesy of the artist and Laveronica gallery
Carola Spadoni Chiapas/EZLN Genova/G8, senza rivoltelle (Carola Spadoni with the Peripatetic Film & Video Archive), 1996-2021 video monolocale con audio/Studio video with audio 19′ 19” courtesy of the artist and Laveronica gallery
«Le immagini delle proteste sono abbondanti. Come protestare con le immagini?» si chiede Carola Spadoni, artista e filmmaker indipendente che in quei giorni era a Genova con il gruppo del Cinema Italiano e che pubblicava un testo su Alias sul rapporto tra cinema, controinformazione e mobilitazioni, proprio il 21 luglio 2001:
«Destabilizzare le regole del mercato mediatico mondiale è l’inizio, il mezzo e la fine del cineasta che protesta contro la globalizzazione concertata dal G8. Continuare a farlo sempre, camminando domandando-si, come ci insegnano gli zapatisti. Ingegnarsi per produrre Cinema AlterAttivo. Comprendere in profondità la rappresentazione, finzione e documento, per restituire alla realtà la propria originale ambiguità e alle persone la propria identità di spettatori attivi, pensanti. Conoscere le regole per imparare a protestare con le immagini e i suoni e inventare la necessaria poesia. Tutti a Genova “the anti-show must go on”».
Carola Spadoni, cineasta [viii]
Emory Douglas The struggle continues, painting on stone Courtesy of the artist and Laveronica gallery
Da questo lato della barricata
La verità degli insorti è che quella sommossa ha coinvolto migliaia di individui disposti a rovesciare l’ordine del denaro e dei manganelli. La giustizia dello Stato è che i torturatori, i picchiatori e gli assassini in divisa sono stati, come sempre, promossi.
[…]
Non scordiamo chi si è battuto con coraggio, chi ha commesso l’appassionato crimine della libertà.
alcuni complici
Da questo lato della barricata. Poster, Courtesy Archivio Primo Moroni, Milano.
DisFare informazione
Durante i giorni del g8 sono stati raccolti centinaia di filmati, fotografie, testimonianze che hanno permesso a milioni di persone in tutto il mondo di capire quello che stava succedendo a Genova. Moltissim* tra i manifestanti hanno sentito la necessità di partecipare attivamente alla documentazione della protesta e hanno testimoniato ciò che era accaduto prima e durante le cariche della polizia. I resoconti sono stati raccolti nel media center della scuola Diaz, perché gli stessi manifestanti hanno individuato quel luogo come uno spazio aperto per raccontare la propria esperienza e depositare i propri materiali. Il materiale raccolto è stato utilizzato per la creazione di un video, “aggiornamento 0.1”, montato in tempi brevissimi, con l’intento di testimoniare le violenze compiute dalla polizia in quei giorni. Nei mesi successivi sono state distribuite oltre 2.500 copie del video in tutta Italia che hanno mostrato una Genova che molti avrebbero voluto nascondere. Per rispondere alla necessità di fornire una testimonianza oggettiva sui fatti di Genova, Indymedia ha messo a disposizione della Commissione per i Diritti Umani dell’ONU e del gruppo legale impegnato nella difesa dei manifestanti, le immagini per il video *i diritti negati* sulle violenze e gli abusi delle forze dell’ordine. Le immagini girate dal tetto della scuola Pascoli durante l’irruzione alla Diaz, hanno permesso di smascherare le bugie di chi aveva gestito un’azione criminale e sanguinaria. Tutto questo a qualcuno non è piaciuto.
Jean-Gabriel Périot We are winning, 2004 /35 mm, colors without dialogue, 6′ 45” – https://vimeo.com/jgperiot/wearewinning courtesy of the artist and Laveronica gallery
Jean-Gabriel Périot We are winning, 2004 /35 mm, colors without dialogue, 6′ 45” – https://vimeo.com/jgperiot/wearewinning courtesy of the artist and Laveronica gallery
Il 20 febbraio 2002 vengono perquisite alcune presunte sedi di Indymedia: il centro sociale Gabrio di Torino, il centro sociale Tpo di Bologna, la casa occupata Ceccorivolta di Firenze, la sede dei Cobas di Taranto. Firmano i mandati di sequestro probatorio i pm Anna Canepa e Andrea Canciani, titolari del filone di indagine “sulle devastazioni e i saccheggi” avvenuti durante il g8. Mentre a Firenze, Torino e Taranto sono sequestrati solo i materiali video da tempo in distribuzione, a Bologna avviene il sequestro più consistente: dal Tpo viene portato via, insieme a tutti i computer, anche l’archivio video di Indymedia. Tale archivio, normalmente salvaguardato e conservato altrove, transitava in quella settimana al Tpo per consentire ad attivist* di tutta Europa di selezionare le immagini per un video su Genova. Il materiale è stato acquisito come prova per i processi di Genova, insieme alle migliaia di ore di filmati di camere di sorveglianza di supermercati e banche, di televisioni, polizia, carabinieri e vigili urbani.
Stefano Serretta Don’t clean up the blood (Diaz 2001), 2020 /felt-tip on paper 35 × 50 cm Courtesy of the artist and Laveronica gallery
La memoria è la fonte essenziale per valutare il peso e l’impatto sociale degli eventi. La trama collettiva della memoria è essenziale per leggere il presente e porsi obiettivi per il futuro. Senza una memoria condivisa avremmo frammenti di eventi e di vissuto, non ci sarebbe un senso ed un valore, una trama ed un punto di vista collettivi, autonomi e indipendenti. La memoria per i centri del potere si riduce a materiale buono per i tribunali, prove di reati. L’informazione indipendente è sempre più spesso bersaglio degli apparati repressivi e non basta appellarsi solo a diritti ormai quotidianamente calpestati. I media e le nuove tecnologie sono così cruciali nella formazione del consenso e del controllo culturale, che gli apparati dello stato intervengono per censurare e regolare accessi e contenuti della Rete, per reprimere le forme indipendenti di utilizzo sociale e collettivo delle nuove tecnologie. Indymedia, dopo l’esperienza di Genova, ha dovuto gestire una grande quantità di materiali (110 ore di girato solo in formato DV), parte dei quali sono stati archiviati ed editati durante le produzioni. Il materiale sequestrato a Bologna era editato solo in parte. Una mancanza grave, che ha reso evidente la necessità di rivedere l’organizzazione dell’archivio e di ragionare ancora su come usare una telecamera nel corso di cortei e azioni. Grave errore è stato custodire il materiale di tanti attivisti in un unico archivio non decentrato. La gestione dell’archivio video e foto, deve essere una priorità per chiunque voglia fare informazione. Archiviare vuol dire catalogare le immagini, prendendo nota dei minuti e dei secondi in cui si trova una certa sequenza e inserendo i dati in un database.
Stefano Serretta Promises, 2019 /indian ink acrylic and felt-tip on paper 35 × 50 cm Courtesy of the artist and Laveronica gallery
Ma archiviare, per un* mediattivista, significa anche fare una pre-selezione: rivedere con attenzione i filmati di un corteo o di un’azione, avendo cura di editare (ovvero modificare, tagliare, ricucire) le parti in cui ci sono persone riconoscibili. Dell’originale, non deve rimanere traccia: solo così sarete cert* che state davvero rispettando le persone che avete ripreso loro malgrado.
[Indymedia, trascrizione di un volantino distribuito a Genova nel luglio 2004, presente nel lavoro di Alterazioni Video esposto alla mostra Empowerment. Cantiere Italia, a cura di Marco Scotini, nello stesso anno a Villa Croce, a Genova].
Alterazioni video, LEGAL SUPPORT, fund raising, veduta della mostra Empowerment. Cantiere Italia, a cura di Marco Scotini, Genova 2004
Tante storie e non segnate vie
Carlo Giuliani non ha mai avuto così tanti complici, dalle lingue e dalle pelli più variegate. Davvero, valeva la pena che la memoria durasse questi vent’anni.
Mentre i tecnocrati e i loro servitori picchiano duro, di una cosa possiamo essere sicuri. Solo chi rimane indifferente e chiuso alla libertà e alla gioia che quelle giornate di luglio contenevano ha ad aspettarlo un futuro triste e già scritto. Per gli altri, invece, è possibile ancorafare tante storie, e incamminarsi lungo non segnate vie.
La strada [Commentario al video “I Wanna Be Loved By You” di Marco Tagliaguerra]
Un ringraziamento speciale a Tommaso e Roberto dell’Archivio Primo Moroni.
note
[i] estratto tratto dall’incipit del poster Da questo lato della barricata, alcuni complici, Genova 2004. Courtesy Archivio Primo Moroni.
[ii] AAVV., Luoghi comuni. Il movimento globale come spazio di politicizzazione, DeriveApprodi, Roma, 2003, p. 3.
[iii] «Zapruder» e SupportoLegale, Genova oltre Genova, Editoriale, Zapruder n.54, 2021, p.10.
[iv] Detour. La canaglia a Genova, prima edizione, luglio 2002. Testo introduttivo che raccoglie documenti e volantini della/sulla rivolta di Genova 2001 e accompagna il documentario visionabile al seguente link: https://archive.org/details/Detour-LaCanagliaAGenova
[vi] Marco Scotini, “Oliver Ressler. «Blackboard» cinema e il regime di enunciazione capitalista”, in Artecrazia. Macchine espositive e governo dei pubblici, DeriveApprodi, Roma, prima edizione, 2016, p.219.
[vii] Monica Lanfranco, Marea, “Stendiamo mutande su vecchi e nuovi muri”, in Radio Gap. Le parole di Genova, a cura di Anaïs Ginori, Fandango Libri, Roma, 2002, pp.126-127.
[viii] Carola Spadoni, “Immagini di protesta e viceversa”, pubblicato su Alias il 21 luglio 2001.
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, veduta dell’esposizione. Courtesy Laveronica gallery
Alex Majoli 023-16, Genova G8, 2001/wallpaper, L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, veduta dell’esposizione. Courtesy Laveronica gallery
Alex Majoli 023-16, Genova G8, 2001/wallpaper courtesy of the artist and Laveronica gallery insieme a Jonas Staal Propaganda Notes, 2010-ongoing, inchiostro su carta/Ink on paper 21 × 14,5 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Jonas Staal Propaganda Notes, 2010-ongoing, inchiostro su carta/Ink on paper 21 × 14,5 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Jonas Staal Propaganda Notes, 2010-ongoing, inchiostro su carta/Ink on paper 21 × 14,5 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Adelita Husni-Bey, timeline su muro, 2021 dimensioni ambientali courtesy of the artist and Laveronica gallery
Adelita Husni-Bey, timeline su muro, 2021 dimensioni ambientali – prticolare courtesy of the artist and Laveronica gallery
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, veduta dell’esposizione, video di Carola Spadoni. Courtesy Laveronica gallery
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, Media Center, Palazzo De Leva. Courtesy Laveronica gallery
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, Media Center, Palazzo De Leva. Courtesy Laveronica gallery
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, Media Center, Palazzo De Leva. Courtesy Laveronica gallery
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, Media Center, Palazzo De Leva. Courtesy Laveronica gallery
20 Luglio 2001, Genova.
Io porto con me il nome di Carlo Giuliani
Noi facciamo la storia, mentre quelli fanno i piani
Il mondo capitalista o sedicente anticapitalista organizza la vita sul modello dello spettacolo… Non si tratta di elaborare lo spettacolo del rifiuto ma di rifiutare lo spettacolo.
Detour. La canaglia a Genova, prima edizione, luglio 2002
Stefano Serretta I admit, some of this shit is too far fetched for me to believe, but I don’t believe in coincidences anymore , 2019 /felt-tip and acrylic on paper 35 × 50 cm Courtesy of the artist and Laveronica gallery
VOI G8 NOI 6.000.000.000
Per chi in quelle giornate di luglio ha sfidato i potenti della terra. Per chi ha gridato contro le ingiustizie. Per chi voleva rovesciare la storia. Per chi non ha abbassato la testa. Per il sangue versato. Per Carlo, perché faceva paura. Per la nostra rabbia, perché faceva paura. Per chi non si accontenta dello slogan «avevamo ragione». Per chi crede ancora in un altro mondo possibile. Per chi è dentro e contro la storia dei vincitori, perché sa ancora sognare e ribellarsi.
Alex Majoli, 003-4A, Genova G8, 2001 /inkjet print 61 × 40 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Genova vent’anni dopo. «Una sommossa sociale invade la città. Una sommossa calunniata dai politicanti e venduta dai giornalisti, attaccata dalle cariche della sbirraglia e soffocata dalle chiacchiere degli specialisti» [i]. Cosa rimane di quella imponente mobilitazione anticapitalista e delle sue forme di resistenza, simbolo ancora oggi delle lotte globali? Cosa ha rappresentato per la nostra generazione e quante volte ce lo siamo chiesti. Lo chiamavano il “movimento contro la globalizzazione” e così si è auto-narrato quel ciclo di lotte, culminato nell’estate del 2001, la cui potenza creativa, rivive ancora nelle contro-narrazioni e articolazioni estetico-politiche che L’Archivio Insorgente di Marco Scotini – una sorta di affondo ed espansione del progetto ormai ventennale Disobedience Archive – mette in scena come racconto plurale e antagonista negli spazi de Laveronica arte contemporanea e del Media Center ricostruito a Palazzo De Leva, sempre a Modica, evitando qualsiasi postura vittimistica o rappresentazione simbolica del conflitto. Non una mostra-archivio ma l’assemblaggio di molteplici insorgenze molecolari e focolai d’enunciazione, costitutivamente inarchiviabili. Chi ha avuto il potere di raccontare o di cancellare, di ridefinire i regimi di storicità o i modi di sparizione di corpi, opere, soggettività politiche ed enunciati collettivi? L’archivio non esiste in sé. Esiste quando lo attiviamo, come un’irruzione nel presente, nel «tempo dell’attualità» e della rottura. È allora che il balzo della tigre dalle assolate strade genovesi, precorre istanze moltitudinarie e diventa uno spazio di politicizzazione, un laboratorio di conflitto per esprimere un rifiuto radicale e autentico contro il capitalismo neoliberale. E come riconfigurare, oggi che il nostro presente ha l’orrida maschera dell’attualità, quel potente atto di insubordinazione contro l’ordine del mondo che ci stringe in un assedio sempre più soffocante e controlla i nostri corpi, le nostre vite?
Armin Linke Carlo Giuliani, G8 Summit, piazza Gaetano Alimonda, Genova, Italy, 2001 Stampa fotografica su alluminio/photographic print on aluminum 50 × 60 cm Courtesy of the artist and Vistamare gallery
Armin Linke G8 Summit, Genoa, Italy, 2001 Stampa fotografica su alluminio/photographic print on aluminum 50 × 60 cm Courtesy of the artist and Vistamare gallery
«Nelle foto di Genova 2001 ci sono figure, in strada, con le mascherine mentre la sua mappa segna i bordi tra una zona gialla periferica e una inviolabile zona rossa centrale a cui, come è noto, era consentito l’accesso solo a quelli muniti di un pass speciale. Abitanti carcerati in casa e forze dell’ordine ovunque: tutto un campionario visivo che ci è diventato molto familiare. Non era, di fatto, Genova una città in stato d’assedio? Quando oggi ogni città del mondo non fa altro che riprodurre – ad un’altra scala ma in ogni giorno e ora – la Genova dei tre giorni di luglio 2001, ecco che Genova cessa di essere un lutto da celebrare per divenire una festa da rinnovare, come ha già detto qualcuno». Così Scotini introduce The Insurgent Archive/L’archivio insorgente nella duplice sede espositiva – le stanze della galleria che ospitano le opere di Bernardette Corporation, Emory Douglas, Adelita Husni-Bey, Armin Linke, Alex Majoli, Jean-Gabriel Périot, Lisl Ponger, Oliver Ressler (con Dario Azzelini), Stefano Serretta, Carola Spadoni con The Peripatetic Film & Video Archive e Jonas Staal e il Media Center a Palazzo De Leva dove convergono risorse funzionali e spazi di agibilità politica, attraversati e riattivati da testimonianze, registrazioni sonore e filmiche, ephemera, materiali d’archivio e tracce documentali provenienti da vari archivi di movimento, tra cui Indymedia Italia, Radio Gap, StorieInMovimento, Archivio Primo Moroni. E non è accidentale che questa circostanza accada proprio in Sicilia, sia perché la galleria fondata e diretta da Corrado Gugliotta persegue, da sempre, una linea di ricerca militante e orientata alle questioni politico-sociali nel campo dell’arte, sia perché nel giugno di quello stesso 2001 Catania, sull’onda delle dimostrazioni di Seattle e degli anti-summit, era stata al centro del quarto Hackmeeting, dopo quelli di Firenze (1998), di Milano (1999) e di Roma (2000), dove si riunirono hacker e mediattivisti di diversa provenienza per la costituzione del nucleo storico di Indymedia Italia, il cui scopo era quello di affiancare, alle storiche radio di movimento, le fanzine autogestite e le emittenti pirata, nuove forme di controinformazione assembleare, indipendente e orizzontale.
Immagine di un Media Center tratta da Radio Gap. Le parole di Genova, a cura di Anaïs Ginori, Fandango Libri, Roma, 2002.
La memoria è un ingranaggio collettivo
Proponiamo un micro-archivio, con estratti di testi, resoconti, documenti e testimonianze visive, che nella sua versione estesa è raccolto nel Media Center a Palazzo De Leva. Perché Genova è dappertutto*
«Un pensiero ossessivo da alcuni mesi si aggira per l’Europa: è finito un ciclo del movimento, o addirittura è finito il ciclo del movimento – scrivono da Derive Approdi nel 2003 – E se invece il movimento globale, rompendo i tradizionali meccanismi della rappresentanza, avesse definitivamente messo in crisi lo schema dei cicli e del riflusso?» [ii]
Jonas Staal Propaganda Notes, 2010-ongoing, inchiostro su carta/Ink on paper 21 × 14,5 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
«Nella storia dei movimenti della sinistra radicale ogni fase fa storia a sé, ed è improprio richiamarla per tentare di inquadrare le mobilitazioni internazionali contro i vertici (neo)liberisti: gli anni ottanta non sono i novanta e entrambi non sono i settanta. Nei movimenti della stagione dei “controvertici” si comincia a intravedere però una diversità sostanziale rispetto alla politica della sinistra rivoluzionaria dei decenni precedenti, quando la piazza veniva in qualche modo determinata dalla volontà delle organizzazioni della sinistra che convocavano le manifestazioni. I livelli di partecipazione e il grado di conflittualità venivano previsti, controllati, dosati in base all’obiettivo politico delle strutture organizzatrici. A Genova questa dinamica viene meno, suscitando uno shock da cui molti faranno fatica a riprendersi». [iii]
Lisl Ponger Sommer in Italien-Genua, August 2001, 2001 c-prints 30 × 40 cm (series of 6 photographs) courtesy of the artist and Charim Galerie
Genova ha prodotto una duplice spaccatura: emotiva e soggettiva, per gli arresti e la violenza degli scontri, le botte e l’omicidio di Carlo Giuliani; sia nell’immaginario politico per la pervasività del suo impatto mediatico senza precedenti, condannata e spettacolarizzata in un flusso inarrestabile di migliaia e migliaia di scatti, girati e immagini, dove è stato ripreso e filmato tutto. Il movimento irrompe con forza, la contagiosa insubordinazione eccede nelle strade, conquista la scena pubblica e da lì in avanti «nulla sarà come prima». La camera è stata uno strumento capace di una «contro-violenza rivoluzionaria». Non siamo stati sconfitti dalla repressione. La piazza che esonda e rifiuta la mediazione dei portavoce del movimento, apre il conflitto. Rovesciare la situazione è possibile.
Alex Majoli 003-4A, Genova G8, 2001 /inkjet print 61 × 40 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Assalto al cielo: fenomenologia della guerriglia urbana
«In pochi sembrano pensare – e nessuno osa dire – che se la polizia ha represso duramente, è stato soprattutto perché si era creata una situazione che le era sfuggita di mano, e che Carlo Giuliani è stato ucciso brutalmente – rispetto ai modi molto più raffinati con cui il dominio uccide e lobotomizza quotidianamente e tanto più tristemente milioni di suoi simili – perché quel giorno, assieme ad altre migliaia di persone, aveva avuto il coraggio di ribellarsi».
Detour. La canaglia a Genova [iv]
«Get rid of Yourself è stato descritto da Bernadette Corporation, come un “anti-documentario”. Nonostante il sonoro e le immagini siano stati ripresi durante le rivolte di Genova, 2001, il materiale è stato ricomposto di modo da ricreare l’intensità di un’esperienza condivisa, più che produrre l’ennesimo documentario sullo scontro, iper-mediatizzato, del contro-summit del G8. Il film dichiara il suo stesso esilio da uno spazio-tempo biopolitico nel quale nulla succede davvero. Gli artisti descrivono Get rid of Yourself come “un ciné-tract che si allinea a forme nascenti di resistenza politica all’interno del movimento anti-globalizzazione… un film che funziona ingannando la propria forma».
Marco Scotini, Disobedience Archive, sezione “Protesting Capitalist Globalization”, 2004.
Bernadette Corporation, Get Rid of Yourself, 2003, video, 61’. Courtesy Bernadette Corporation, Greene Naftali, New York.
Bernadette Corporation, Get Rid of Yourself, 2003, video, 61’. Courtesy Bernadette Corporation, Greene Naftali, New York.
Bernadette Corporation, Get Rid of Yourself, 2003, video, 61’. Courtesy Bernadette Corporation, Greene Naftali, New York.
Bernadette Corporation, Get Rid of Yourself, 2003, video, 61’. Courtesy Bernadette Corporation, Greene Naftali, New York.
Durante l’estate 2001, il collettivo Bernadette Corporation con sede a New York e Parigi collabora con Le Parti Imaginaire, un gruppo di militanti e intellettuali post-situazionisti, legati a l’emergente movimento no global. Insieme girano Get Rid of Yourself, un ciné-tract-documentario che usa le parole e le immagini dei Black Bloc per ritrarre la lotta contro la globalizzazione come una finzione, uno spazio per perdersi volontariamente e agire nel “rifiuto dell’identità”, vestiti di nero, col passamontagna per bloccare il summit. Gran parte del filmato racconta le inaudite violenze che tutt* conosciamo: barricate convulse, manifestanti incappucciati, saccheggi di banche e supermercati, mentre le tattiche e le “zone offensive d’opacité” del gruppo si scontrano con la feroce repressione delle forze dell’ordine, tra sciami di poliziotti, grida, sangue e gas lacrimogeni. Altri passaggi sono ambientati nelle settimane successive alle proteste, quando Bernadette Corporation si trova in una spiaggia calabrese per fare il punto sulla violenza, malinconico contraccolpo alla compressione dei fatti di Genova, fino al montaggio contrastante con i tentativi che l’attrice glamour Chloë Sevigny continua a fallire nello sforzo di imparare le battute sulla protesta, che recita in cui in una cucina alto-borghese mentre fuma e descrive il “piacere folle provato nello spaccare un bancomat con un martello”, rovesciando contro le funzioni che il capitale esercita dentro l’Impero, con gli strumenti dell’arte e soprattutto della moda.
Lisl Ponger Sommer in Italien-Genua, August 2001, 2001 c-prints 30 × 40 cm (series of 6 photographs) courtesy of the artist and Charim Galerie
Lisl Ponger Sommer in Italien-Genua, August 2001, 2001 c-prints 30 × 40 cm (series of 6 photographs) courtesy of the artist and Charim Galerie
«Attori e membri del gruppo teatrale austriaco VolxtheaterKarawane sono stati arrestati mentre tornavano a casa, non durante una manifestazione o una performance. Pare che la polizia abbia trovato qualche bastone, due maschere e una mappa di Genova. Le maschere e i bastoni sono strumenti di scena. È molto probabile che siano stati feriti nell’arresto, ma nessuno – nemmeno i genitori – tranne l’avvocato italiano ha il permesso di parlare con loro».
Lisl Ponger, artista.
Lisl Ponger Sommer in Italien-Genua, August 2001, 2001 c-prints 30 × 40 cm (series of 6 photographs) courtesy of the artist and Charim Galerie
Il 22 luglio, venticinque membri di PublixTheatreCaravan (VolxTheaterKarawane), la compagnia di teatranti austriaci che aveva partecipato pacificamente ai cortei del 19, 20 e 21, furono arrestati con l’accusa di appartenere ai Black Block. La loro permanenza in carcere durerà circa un mese. «Dopo il vertice del G8, nell’agosto 2001, Lisl Ponger si è recata di nuovo a Genova a sostegno del VolxTheaterKarawane, cui era stato impedito di lasciare l’Italia durante il breve periodo di carcerazione. Rispetto a numerosi altri documentari e performance (teatrali) che hanno affrontato e documentato gli eventi durante il summit, la serie fotografica di Ponger, Sommer in Italien (Estate in Italia, Genova, agosto 2001) è incredibilmente trattenuta. Ponger non rappresenta la vergognosa violenza della polizia, il trauma dei manifestanti che protestavo conto la globalizzazione o la devastazione della città nel corso degli eventi. Piuttosto, si concentra su quello che è rimasto, le vestigia latenti che restano impresse nei luoghi, anche molto tempo dopo gli eventi. Queste vestigia sono di natura diversa: dalle scritte sui muri alla Diaz dopo la mattanza, ai cancelli sigillati. Le foto di Ponger delle piazze deserte, del media center indipendente e degli edifici centrali, come Palazzo Ducale, sembrano le istantanee di una vacanza privata. Eppure raccontano ancora più fortemente le storie di coloro che sono assenti e indicano uno spostamento temporale. Per Ponger non c’è “né una memoria ermetica né una definita innocenza delle immagini” (Buchschwenter). Le sue opere registrano quello che non è più presente, rimandano a un’assenza».
Documenta 11 [v]
Stefano Serretta Gimme, gimme, gimme, push, push, push, step, step, step, crush, crush, crush, 2019 /indian ink acrylic and felt-tip on paper 21 × 29,7 cm Courtesy of the artist and Laveronica gallery
Contro l’Europa dei potenti ora e sempre disobbedienti
«Lo spettacolo di Genova sperimentalmente ristrutturata per una “situazione di crisi” il mattino di venerdì 20 luglio era veramente inedito. Tutta la città medioevale e parte di quella ottocentesca trasformate in un funereo ghetto cinto da grate nere alte cinque metri, che imprigionavano nella cittadella degli 8 Ganster gli ultimi abitanti che non si erano lasciati indurre alla fuga».
Detour. La canaglia a Genova, prima edizione, luglio 2002
Oliver Ressler Disobbedienti (Dario Azzellini & Oliver Ressler), 2002 /SD, 54′ Courtesy of the artist and The Gallery Apart
Oliver Ressler Disobbedienti (Dario Azzellini & Oliver Ressler), 2002 /SD, 54′ Courtesy of the artist and The Gallery Apart
Oliver Ressler Disobbedienti (Dario Azzellini & Oliver Ressler), 2002 /SD, 54′ Courtesy of the artist and The Gallery Apart
Oliver Ressler Disobbedienti (Dario Azzellini & Oliver Ressler), 2002 /SD, 54′ Courtesy of the artist and The Gallery Apart
Oliver Ressler Disobbedienti (Dario Azzellini & Oliver Ressler), 2002 /SD, 54′ Courtesy of the artist and The Gallery Apart
«Disobbedienti si apre su un maxi schermo bianco di fronte a una platea vuota, installato in Piazza Maggiore a Bologna, per un evento pubblico. Lo schermo (quello su cui aspettiamo di vedere il nostro film) si raddoppia dunque in un altro schermo (anch’esso in attesa di una possibile proiezione) mentre una voce off recita «Siamo qui in Italia dove tutti i media della comunicazione sono nelle mani di un’unica persona. È una situazione quasi paradossale come in una nazione dell’America Latina». La voce è interrotta dallo slogan urlato, ancora fuori campo: «Contro l’Europa dei potenti, ora e sempre Disobbedienti», mentre il segno grafico della parola «disobbedienti» scende sopra lo schermo e funge da titolo di testa del film. In questa sorta di prologo si dirige l’attenzione immediatamente a due delle componenti al centro del conflitto del movimento italiano delle Tute bianche che, nei giorni delle proteste di Genova, abbandona il suo simbolo di riconoscimento (la veste bianca del lavoratore contrapposta alla tuta blu della classe operaia) e prende il nome di Disobbedienti. Da un lato c’è il monopolio mediatico di Berlusconi (che inaugura la figura dell’imprenditore-politico) e dall’altro il nesso inscindibile tra pratiche di lotta e di comunicazione portato avanti dal movimento (che intende dare visibilità a ciò che rimane invisibile, come il lavoro precario, e rivendicare il reddito di cittadinanza). Ma lo schermo bianco rimane quasi una sorta di matrice compositiva del video che, sottraendo momentaneamente le immagini, crea degli intervalli nel montaggio lungo la serie di riflessioni teoriche di sette membri del movimento italiano»
Marco Scotini, Artecrazia [vi]
Alex Majoli 001-11, Genova G8, 2001/inkjet print 61 × 40 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Punto G – Genere e globalizzazione
«Quando arriveranno gli otto capi di Stato i negozi saranno chiusi, i panni non si potranno stendere, non ci sarà probabilmente quasi nessuno nelle zone dove passeranno i cortei o dove ci saranno le azioni.
Questo è un clima che proviene da una cultura violenta e aggressiva.
L’esposizione muscolare di ricchezza e lo spiegamento di forze di polizia crea tensione. I miei vicini di casa vanno in vacanze, il mio verduraio chiude.
C’è un clima da coprifuoco, come alla vigilia di un colpo di stato. Tutte le persone latinoamericane che sono venute a Genova rivivono brutti ricordi.
[…]
il 16 giugno 2001 in piazza Matteotti la camminata con le reti di stoffa intrecciate portate dalle donne che presero parte a PuntoG.
Una rete globale che deve costituire un forte controcanto alle proposte del G8.
15-16 giugno. Le donne di Marea e della Marcia Mondiale delle donne hanno organizzato a Genova Un altro convegno internazionale: “Punto G – Genere e globalizzazione. Una scelta di anticipo delle contestazioni al summit del G8 condivisa dalle oltre 140 associazioni e gruppi che, riuniti nella rete della Marcia mondiale delle donne contro le guerre, la violenza e la povertà hanno trattato pubblicamente i temi che sarebbero stati ripresi a Genova un mese dopo in una atmosfera di partecipazione, e commozione, che non si vedeva da anni. Donne algerine, curde, afgane, indigene, ecuadoregne, colombiane e donne italiane hanno iniziato a giugno un percorso di riflessione, autoformazione e condivisione di esperienze femministe (e non) che ha portato l’eco delle marce di Pechino e di Porto Alegre fino a luglio, al Public Forum e alle manifestazioni».
Monica Lanfranco, Marea [vii]
Carola Spadoni Chiapas/EZLN Genova/G8, senza rivoltelle (Carola Spadoni with the Peripatetic Film & Video Archive), 1996-2021 video monolocale con audio/Studio video with audio 19′ 19” courtesy of the artist and Laveronica gallery
Carola Spadoni Chiapas/EZLN Genova/G8, senza rivoltelle (Carola Spadoni with the Peripatetic Film & Video Archive), 1996-2021 video monolocale con audio/Studio video with audio 19′ 19” courtesy of the artist and Laveronica gallery
«Le immagini delle proteste sono abbondanti. Come protestare con le immagini?» si chiede Carola Spadoni, artista e filmmaker indipendente che in quei giorni era a Genova con il gruppo del Cinema Italiano e che pubblicava un testo su Alias sul rapporto tra cinema, controinformazione e mobilitazioni, proprio il 21 luglio 2001:
«Destabilizzare le regole del mercato mediatico mondiale è l’inizio, il mezzo e la fine del cineasta che protesta contro la globalizzazione concertata dal G8. Continuare a farlo sempre, camminando domandando-si, come ci insegnano gli zapatisti. Ingegnarsi per produrre Cinema AlterAttivo. Comprendere in profondità la rappresentazione, finzione e documento, per restituire alla realtà la propria originale ambiguità e alle persone la propria identità di spettatori attivi, pensanti. Conoscere le regole per imparare a protestare con le immagini e i suoni e inventare la necessaria poesia. Tutti a Genova “the anti-show must go on”».
Carola Spadoni, cineasta [viii]
Emory Douglas The struggle continues, painting on stone Courtesy of the artist and Laveronica gallery
Da questo lato della barricata
La verità degli insorti è che quella sommossa ha coinvolto migliaia di individui disposti a rovesciare l’ordine del denaro e dei manganelli. La giustizia dello Stato è che i torturatori, i picchiatori e gli assassini in divisa sono stati, come sempre, promossi.
[…]
Non scordiamo chi si è battuto con coraggio, chi ha commesso l’appassionato crimine della libertà.
alcuni complici
Da questo lato della barricata. Poster, Courtesy Archivio Primo Moroni, Milano.
DisFare informazione
Durante i giorni del g8 sono stati raccolti centinaia di filmati, fotografie, testimonianze che hanno permesso a milioni di persone in tutto il mondo di capire quello che stava succedendo a Genova. Moltissim* tra i manifestanti hanno sentito la necessità di partecipare attivamente alla documentazione della protesta e hanno testimoniato ciò che era accaduto prima e durante le cariche della polizia. I resoconti sono stati raccolti nel media center della scuola Diaz, perché gli stessi manifestanti hanno individuato quel luogo come uno spazio aperto per raccontare la propria esperienza e depositare i propri materiali. Il materiale raccolto è stato utilizzato per la creazione di un video, “aggiornamento 0.1”, montato in tempi brevissimi, con l’intento di testimoniare le violenze compiute dalla polizia in quei giorni. Nei mesi successivi sono state distribuite oltre 2.500 copie del video in tutta Italia che hanno mostrato una Genova che molti avrebbero voluto nascondere. Per rispondere alla necessità di fornire una testimonianza oggettiva sui fatti di Genova, Indymedia ha messo a disposizione della Commissione per i Diritti Umani dell’ONU e del gruppo legale impegnato nella difesa dei manifestanti, le immagini per il video *i diritti negati* sulle violenze e gli abusi delle forze dell’ordine. Le immagini girate dal tetto della scuola Pascoli durante l’irruzione alla Diaz, hanno permesso di smascherare le bugie di chi aveva gestito un’azione criminale e sanguinaria. Tutto questo a qualcuno non è piaciuto.
Jean-Gabriel Périot We are winning, 2004 /35 mm, colors without dialogue, 6′ 45” – https://vimeo.com/jgperiot/wearewinning courtesy of the artist and Laveronica gallery
Jean-Gabriel Périot We are winning, 2004 /35 mm, colors without dialogue, 6′ 45” – https://vimeo.com/jgperiot/wearewinning courtesy of the artist and Laveronica gallery
Il 20 febbraio 2002 vengono perquisite alcune presunte sedi di Indymedia: il centro sociale Gabrio di Torino, il centro sociale Tpo di Bologna, la casa occupata Ceccorivolta di Firenze, la sede dei Cobas di Taranto. Firmano i mandati di sequestro probatorio i pm Anna Canepa e Andrea Canciani, titolari del filone di indagine “sulle devastazioni e i saccheggi” avvenuti durante il g8. Mentre a Firenze, Torino e Taranto sono sequestrati solo i materiali video da tempo in distribuzione, a Bologna avviene il sequestro più consistente: dal Tpo viene portato via, insieme a tutti i computer, anche l’archivio video di Indymedia. Tale archivio, normalmente salvaguardato e conservato altrove, transitava in quella settimana al Tpo per consentire ad attivist* di tutta Europa di selezionare le immagini per un video su Genova. Il materiale è stato acquisito come prova per i processi di Genova, insieme alle migliaia di ore di filmati di camere di sorveglianza di supermercati e banche, di televisioni, polizia, carabinieri e vigili urbani.
Stefano Serretta Don’t clean up the blood (Diaz 2001), 2020 /felt-tip on paper 35 × 50 cm Courtesy of the artist and Laveronica gallery
La memoria è la fonte essenziale per valutare il peso e l’impatto sociale degli eventi. La trama collettiva della memoria è essenziale per leggere il presente e porsi obiettivi per il futuro. Senza una memoria condivisa avremmo frammenti di eventi e di vissuto, non ci sarebbe un senso ed un valore, una trama ed un punto di vista collettivi, autonomi e indipendenti. La memoria per i centri del potere si riduce a materiale buono per i tribunali, prove di reati. L’informazione indipendente è sempre più spesso bersaglio degli apparati repressivi e non basta appellarsi solo a diritti ormai quotidianamente calpestati. I media e le nuove tecnologie sono così cruciali nella formazione del consenso e del controllo culturale, che gli apparati dello stato intervengono per censurare e regolare accessi e contenuti della Rete, per reprimere le forme indipendenti di utilizzo sociale e collettivo delle nuove tecnologie. Indymedia, dopo l’esperienza di Genova, ha dovuto gestire una grande quantità di materiali (110 ore di girato solo in formato DV), parte dei quali sono stati archiviati ed editati durante le produzioni. Il materiale sequestrato a Bologna era editato solo in parte. Una mancanza grave, che ha reso evidente la necessità di rivedere l’organizzazione dell’archivio e di ragionare ancora su come usare una telecamera nel corso di cortei e azioni. Grave errore è stato custodire il materiale di tanti attivisti in un unico archivio non decentrato. La gestione dell’archivio video e foto, deve essere una priorità per chiunque voglia fare informazione. Archiviare vuol dire catalogare le immagini, prendendo nota dei minuti e dei secondi in cui si trova una certa sequenza e inserendo i dati in un database.
Stefano Serretta Promises, 2019 /indian ink acrylic and felt-tip on paper 35 × 50 cm Courtesy of the artist and Laveronica gallery
[Indymedia, trascrizione di un volantino distribuito a Genova nel luglio 2004, presente nel lavoro di Alterazioni Video esposto alla mostra Empowerment. Cantiere Italia, a cura di Marco Scotini, nello stesso anno a Villa Croce, a Genova].
Alterazioni video, LEGAL SUPPORT, fund raising, veduta della mostra Empowerment. Cantiere Italia, a cura di Marco Scotini, Genova 2004
Tante storie e non segnate vie
La strada [Commentario al video “I Wanna Be Loved By You” di Marco Tagliaguerra]
Qui il testo in pdf:
Genova, vent’anni dopo22
Un ringraziamento speciale a Tommaso e Roberto dell’Archivio Primo Moroni.
note
[i] estratto tratto dall’incipit del poster Da questo lato della barricata, alcuni complici, Genova 2004. Courtesy Archivio Primo Moroni.
[ii] AAVV., Luoghi comuni. Il movimento globale come spazio di politicizzazione, DeriveApprodi, Roma, 2003, p. 3.
[iii] «Zapruder» e SupportoLegale, Genova oltre Genova, Editoriale, Zapruder n.54, 2021, p.10.
[iv] Detour. La canaglia a Genova, prima edizione, luglio 2002. Testo introduttivo che raccoglie documenti e volantini della/sulla rivolta di Genova 2001 e accompagna il documentario visionabile al seguente link: https://archive.org/details/Detour-LaCanagliaAGenova
[v] Okwui Enwezor, Documenta 11_Platform 5, Hatje Cantz Publishers, catalogo della mostra, 2002. si veda anche la lunga e bella intervista al PublixTheatreCaravan (VolxTheaterKarawane): http://www.ateatro.it/webzine/2004/01/04/cyberpunk-intervista-con-la-publixtheatrecaravan/
[vi] Marco Scotini, “Oliver Ressler. «Blackboard» cinema e il regime di enunciazione capitalista”, in Artecrazia. Macchine espositive e governo dei pubblici, DeriveApprodi, Roma, prima edizione, 2016, p.219.
[vii] Monica Lanfranco, Marea, “Stendiamo mutande su vecchi e nuovi muri”, in Radio Gap. Le parole di Genova, a cura di Anaïs Ginori, Fandango Libri, Roma, 2002, pp.126-127.
[viii] Carola Spadoni, “Immagini di protesta e viceversa”, pubblicato su Alias il 21 luglio 2001.
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, veduta dell’esposizione. Courtesy Laveronica gallery
Alex Majoli 023-16, Genova G8, 2001/wallpaper, L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, veduta dell’esposizione. Courtesy Laveronica gallery
Alex Majoli 023-16, Genova G8, 2001/wallpaper courtesy of the artist and Laveronica gallery insieme a Jonas Staal Propaganda Notes, 2010-ongoing, inchiostro su carta/Ink on paper 21 × 14,5 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Jonas Staal Propaganda Notes, 2010-ongoing, inchiostro su carta/Ink on paper 21 × 14,5 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Jonas Staal Propaganda Notes, 2010-ongoing, inchiostro su carta/Ink on paper 21 × 14,5 cm courtesy of the artist and Laveronica gallery
Adelita Husni-Bey, timeline su muro, 2021 dimensioni ambientali courtesy of the artist and Laveronica gallery
Adelita Husni-Bey, timeline su muro, 2021 dimensioni ambientali – prticolare courtesy of the artist and Laveronica gallery
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, veduta dell’esposizione, video di Carola Spadoni. Courtesy Laveronica gallery
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, Media Center, Palazzo De Leva. Courtesy Laveronica gallery
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, Media Center, Palazzo De Leva. Courtesy Laveronica gallery
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, Media Center, Palazzo De Leva. Courtesy Laveronica gallery
L’Archivio Insorgente. Contronarrazioni e rappresentazioni: Genova 2001, cura di Marco Scotini, Laveronica Arte contemporanea, Modica, Media Center, Palazzo De Leva. Courtesy Laveronica gallery