Making Homeplace. Giornata di conversazioni su bell hooks

Intervista con IUNO, Lisa Andreani e Libreria GRIOT.

La scrittrice, teorica ed educatrice bell hooks (Gloria Jean Watkins, 1952-2021) si è occupata nel suo percorso personale e professionale di sviluppare un pensiero critico, trasformatosi in lotta attiva, sul femminismo intersezionale, tenendo ben presente che più livelli di oppressione (di razza, classe, orientamento sessuale) interagiscono, sempre, con la categoria di genere. Il suo lavoro letterario, autobiografico e sociale è diventato oggetto di studio in Italia solo recentemente. La ricerca appassionata verso la conoscenza e il concetto d’amore come formula essenziale per imparare e per insegnare, sollevano un’attenzione nei confronti del senso di responsabilizzazione e al contempo verso l’accettazione di uno stato di vulnerabilità: condizioni ed emozioni che suggeriscono la possibilità di modellarci continuamente all’interno di sistemi chiusi e dominanti. Con una pratica militante, bell hooks ha lottato per decostruire i paradigmi di insegnamento secolari. Lontana da ogni accademismo e da un linguaggio formale, ha cercato di costruire una presa di coscienza su insegnanti e studenti per portarli ad adottare un dialogo aperto, per intendere l’educazione come forma di profonda libertà.

Making Homeplace. Giornata di conversazioni su bell hooks, a cura di IUNO, Lisa Andreani, Libreria Griot. Visual identity: Olivia Lynk

Al termine di un percorso di lettura dedicato alla Trilogia sull’educazione, IUNO in collaborazione con Lisa Andreani e Libreria GRIOT, proseguono la riflessione su bell hooks con Making Homeplace: una giornata di studio aperta al pubblico, ospitata dall’Accademia di Belle Arti di Roma, con il patrocinio dell’Accademia di Belle Arti di Roma e dell’Accademia di Belle Arti de L’Aquila e finanziata con fondi della Regione Lazio.

Making Homeplace. Giornata di conversazioni su bell hooks, a cura di IUNO, Lisa Andreani, Libreria Griot. Visual identity: Olivia Lynk

Making Homeplace, come suggerisce il titolo, rilegge il convegno come fosse una casa, strutturandosi in quattro dialoghi che affrontano la riflessione sul lavoro di bell hooks, a partire da un punto di vista situato e personale e ne restituiscono l’attualità. Ruotando attorno al tema del margine e della cura, i primi tre interventi vedono la partecipazione di: Angelica Pesarini, parte del comitato scientifico di questo progetto, con Selam Tesfai; Laura Iamurri con Grossi Maglioni; Marie Moïse con Kwanza Musi Dos Santos e Milena Livramento Da Cruz. Il quarto dialogo è rappresentato dalla proiezione dell’intervista di Maria Nadotti a bell hooks realizzata nel 1998 in collaborazione con l’Università di Firenze.

La conversazione come pratica che decostruisce il discorso accademico è centrale nel pensiero di bell hooks, ed è stata adottata come cifra metodologica del convegno. Ciascun dialogo costituisce un’immaginaria stanza in cui il pubblico è invitato a entrare in contatto con una personale e intima interpretazione del pensiero di hooks.

Making Homeplace. Giornata di conversazioni su bell hooks, a cura di IUNO, Lisa Andreani, Libreria Griot. Visual identity: Olivia Lynk

Nelle nostre giovani menti – scriveva bell hooks – le case appartenevano alle donne perché è dentro le case che si produce tutto ciò che conta nella vita: si tratta di un luogo storicamente specifico, che definisce sito di resistenza. Il femminismo di bell hooks coglie questa contraddizione perché bisogna criticare l’identificazione della donna con i ruoli domestici assegnati dalla cultura patriarcale (nell’organizzazione capitalistica del lavoro) ma è dentro le case dei neri durante la segregazione che le donne mettevano in campo pratiche di lotta per sopravvivere. Making Homeplace, rilegge il convegno come fosse una casa, si struttura in quattro dialoghi: come si articola da un punto di vista spaziale e concettuale?

Tutto quello che stai sottolineando è sicuramente parte integrante della struttura della giornata di studi che abbiamo organizzato. Ma l’idea in realtà, nata molto tempo fa durante la scorsa estate, fu molto più semplice. Eravamo in una videocall con le due figure che costituiscono il nostro comitato scientifico, Angelica Pesarini e Maria Nadotti, mentre cercavamo di maturare insieme la formula giusta per questo incontro, anche lontana dall’accademismo scolastico che spesso rende tutto molto algido, ci siamo trovate a condividere e a raccontarci come avevamo incontrato rispettivamente bell e i suoi scritti. È stato un momento molto intimo, di comunione, che abbiamo voluto estendere in questo momento di approfondimento.

Making Homeplace. Giornata di conversazioni su bell hooks, a cura di IUNO, Lisa Andreani, Libreria Griot. Visual identity: Olivia Lynk

Il termine “stanza” è stato proposto infatti da Angelica stessa, e abbiamo pensato potesse funzionare per restituire l’idea di uno spazio privato. Ogni partecipante che coordina una stanza è stata invitata a dare forma ad una conversazione con figure vicine, per esperienze passate simili o per orientamento politico. È importante per noi dare forma a qualcosa di diverso, che esponga le persone e sia in grado di trasmettere al pubblico il potere politico e attivo delle emozioni e della loro manifestazione.

Making Homeplace. Giornata di conversazioni su bell hooks, a cura di IUNO, Lisa Andreani, Libreria Griot. Visual identity: Olivia Lynk

Il vostro percorso è iniziato con il bell hooks book club, un gruppo di lettura sulla sua trilogia rivolta al tema dell’educazione: Insegnare a trasgredire. L’educazione come pratica della libertà (2020); Insegnare comunità. Una pedagogia della speranza (2022); Insegnare il pensiero critico. Saggezza pratica (2023). L’insegnamento per bell hooks – nella sua pratica impegnata che si nutre delle pedagogie anticoloniali, critiche e femministe – è un atto politico, per produrre liberazione e non asservimento. La mente viene colonizzata quando l’immaginazione (politica) è in pericolo. In una società intrisa di ingiustizie, oppressione e sfruttamento, il suo è un femminismo visionario che genera contro-saperi e immaginari contro-egemonici. Questi scritti ci parlano ancora oggi con grande potenza. bell hooks, che proveniva da una famiglia di umili origini e aveva frequentato una scuola segregata, affermava che era già una “rottura” essere entrata nell’accademia, dove ha portato le sue trasgressioni in una lezione rivoluzionaria: l’educazione è una forma di lotta, non solo per resistere o liberarsi, ma per immaginare il cambiamento. Cosa è emerso dalla vostra lettura collettiva sulla trilogia sull’educazione?

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Ridurre in una risposta tutto quello che è emerso in questi momenti è molto difficile. Sono successe tante cose che personalmente non ci aspettavamo potessero accadere. L’affluenza si è in qualche modo “fidelizzata” dando vita a una costellazione di pensieri e riflessioni che ognuno si è sentito di riportare, alcune persone invece hanno scoperto la portata del pensiero di bell hooks proprio durante questi momenti. Molte erano le insegnanti/docenti presenti come anche giovani madri. Per uno spazio come IUNO, con un background fortemente dedicato all’arte contemporanea, crediamo sia stato un momento di dialogo importante in cui ognuno dei partecipanti ha riportato la propria esperienza personale in uno scambio multi generazionale.

In qualche modo, senza volerlo, questi incontri hanno fatto da sfondo perfettamente alla formula che abbiamo strutturato per la giornata di studi. Crediamo che il dialogo sia uno strumento fondamentale con cui affrontare l’oggi, renderlo più comprensibile e quindi permettendoci di agire sul concreto. “To Lecture or Not” è il titolo di uno dei capitoli dell’ultimo libro della trilogia, crediamo che in qualche modo l’interrogativo sia essenziale per capire che le parole che utilizziamo e come ci rivolgiamo al pubblico o alle comunità che frequentiamo siano una risorsa fondamentale sulla quale investire per creare un cambiamento.

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Uno degli insegnamenti più forti di bell hooks – insieme alla riflessione politica di altre militanti del Black feminism – è il riconoscimento della simultaneità delle oppressioni, il non dover scegliere tra la lotta antirazzista e quella transfemminista. D’altra parte non è un caso che proprio oggi, dopo oltre vent’anni, assistiamo a uno straordinario lavoro di traduzione e di pubblicazione dei suoi testi, che risuonano nelle piazze e ci danno la direzione politica con cui guardare. Quale è per voi l’insegnamento più forte del suo pensiero e della sua pratica?

L’insegnamento principale è proprio questa unione tra teoria e pratica che si compenetrano e alimentano a vicenda per restituirci un sistema di pensiero aperto e applicabile in molti contesti diversi da quello in cui è stato pensato e testato. Questo, insieme all’idea che le oppressioni siano molto spesso concomitanti, è quello che rende l’opera di bell hooks così incisiva e importante in questa fase storica e in un paese come il nostro.

È un momento molto interessante di riscoperta di libri che erano già stati pubblicati venti, trenta anni fa, e che in seguito a un’emergente necessità di avere spazio nel dibattito pubblico di studiose e attiviste, in particolare studiose e attiviste razzializzate, ha portato alla pubblicazione di 8 libri in due anni e mezzo, e se ne aggiungeranno altri due nei prossimi mesi. In questo periodo in tutta Italia sono nate iniziative dal basso, incontri, circoli di lettura, che partendo dai libri hanno analizzato i vari aspetti del pensiero di bell hooks: la pedagogia, il femminismo, l’antirazzismo, il discorso sulla classe sociale. 

Making Homeplace. Giornata di conversazioni su bell hooks, a cura di IUNO, Lisa Andreani, Libreria Griot. Visual identity: Olivia Lynk

L’estetica nera poteva stabilire un nesso tra produzione artistica e politica rivoluzionaria «doveva servire i neri nella lotta di liberazione, invitare alla resistenza e ispirarla», così alcuni saggi contenuti in Art of my Mind, e non solo, affrontano il paradigma estetico, dando voce a tante artiste afro-americane rimaste ancora sconosciute. A questo discorso sull’arte possiamo aggiungere un presupposto necessario: non insegnare l’arte ma portarla al centro di un processo formativo e di produzione di soggettività, per parafrasare il nome del collettivo “Where We At”, Black Women Artists, vorrei chiedervi “Dove siamo noi” in questo processo?

Ottima domanda, complessa la risposta. Ora, in questo processo, siamo purtroppo solo ancora ad un primo step di costruzione di una consapevolezza, non abbiamo fatto grandi passi in avanti. In qualche modo in passato, nelle difficoltà e nella totale assenza di un discorso che garantisse i giusti diritti a chiunque (ora il discorso c’è, l’agito resta ancora un dato molto complesso da praticare), c’era una forma di libertà maggiore, l’arte poteva essere un meccanismo di espressione forte, impulsiva, un verbo illegale dal lascito reale, uno strumento partecipativo. Oggi il mondo dell’arte è invece totalmente estraneo alla dimensione dell’amicizia e dei rapporti sociali, anche se spesso li mima c’è in realtà una paura di sottofondo, di esclusione o di ricerca del posto giusto. Manca forse l’autenticità che è stata sostituita da tanto individualismo. In questo senso, quindi genuino e spontaneo, ha voluto muoversi sia il book club che abbiamo organizzato che questa giornata, quindi con l’intento di generare un piccolo shift che possa essere ricordato metodologicamente.

Making Homeplace. Giornata di conversazioni su bell hooks, a cura di IUNO, Lisa Andreani, Libreria Griot. Visual identity: Olivia Lynk

PROGRAMMA

ore 10.30 ||| Saluti ||| Accademia di Belle Arti di Roma, IUNO (Ilaria Gianni, Cecilia Canziani), Lisa Andreani e Libreria Griot

ore 11 ||| STANZA 1 ||| Intersezionalità e privilegio. Il femminismo Nero di bell hooks: Marie Moïse + Kwanza Musi Dos Santos + Milena Livramento Da Cruz 

ore 12 ||| STANZA 2 ||| Maria Nadotti intervista bell hooks(Firenze, 1998), proiezione

Break / Launch

ore 14 ||| STANZA 3 ||| Del margine: Laura Iamurri + Grossi Maglioni (Francesca Grossi e Vera Maglioni)

ore 15 ||| STANZA 4 ||| Riflessioni dal margine. Per una teoria della cura: Angelica Pesarini + Selam Tesfai

ore 16.50 ||| Conclusioni

Making Homeplace. Giornata di conversazioni su bell hooks, a cura di IUNO, Lisa Andreani, Libreria Griot. Visual identity: Olivia Lynk

A cura di: IUNO, Lisa Andreani, Libreria GRIOT

Comitato scientifico: Angelica Pesarini, Maria Nadotti 

Visual Identity: Olivia Lynk

Media partnership: Hot Potatoes

Con il patrocinio di: Accademia di Belle Arti di Roma, Accademia di Belle Arti de L’Aquila

Iniziativa finanziata con fondi della Regione Lazio

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