Dao in Weeds, di Zheng Bo

Abbiamo urgentemente bisogno di trovare diversi modi per vivere su questo pianeta. Siamo in grado di stabilire accordi commerciali globali, costruire infrastrutture ad alta velocità, rilevare onde gravitazionali e modificare i genomi, ma ancora non sappiamo come vivere equamente tra umani e altri esseri. Sin dalla “rivoluzione neolitica” le erbe infestanti hanno inscenato una protesta senza sosta. Chi sono gli agenti rivoluzionari del futuro? Forse le erbacce sono le avanguardie politiche di oggi. È meglio imparare a concepire le rivoluzioni come lotte non incentrate solo su affari umani. È meglio imparare da altri esseri e altre società come essi hanno distrutto il potere, rovesciato le strutture coloniali e impedito ai pazzi di diventare dittatori. Dobbiamo costruire un’alleanza tra umani vulnerabili e non-umani vulnerabili. Abbiamo bisogno di espandere l’idea del proletariato internazionale includendo piante, animali, funghi, microbi, aria, acqua, suolo e così via, tutti gli sfruttati dall’élite finanziaria-militare. In questo breve saggio, rifletterò su alcune cose che ho imparato lavorando con le piante negli ultimi anni.

Zheng Bo, Plants Living in Shanghai, 2013. Shanghai Cement Factory, costruita nel 1920, era stata spostata fuori dal centro nel 2010.

Sono stato invitato a partecipare a una grande esposizione di arte e architettura organizzata dal governo del Distretto di Xuhui a Shanghai (2013). Il sito espositivo era un cementificio trasferito nel 2008 come parte dello sforzo di “pulizia” compiuto per l’Esposizione Internazionale di Shanghai del 2010. Dopo che la fabbrica fu spostata, arrivarono le piante selvatiche e occuparono questo pezzo di terra. L’organizzazione della mostra stava progettando di sbarazzarsi delle “erbacce” e trasformare l’area in una piazza di cemento. Tuttavia, li abbiamo convinti a preservare questo habitat come se fosse un frammento di Land art. Con l’aiuto di paesaggisti e biologi delle piante, abbiamo identificato oltre venti diverse specie in questa zona, creato etichette disegnate a mano e aperto il sito al pubblico come “found botanical garden”.

Zheng Bo, Plants Living in Shanghai, workshop, 2013.

Una delle specie scoperte in quest’area urbana resa di nuovo selvaggia, era la soia selvatica, o Glycine soja, che è stata dichiarata un esemplare in estinzione a causa dell’alto tasso di urbanizzazione e dello sviluppo degli ultimi decenni. Un’altra pianta erbacea, la verga d’oro del Canada, o Solidago canadensis, ha una storia affascinante. Fu portata a Shanghai negli anni Trenta, quando la città stava diventando una metropoli globale. Originariamente introdotta come fiore decorativo, questa pianta è diventata una specie invasiva, attaccando seriamente l’agricoltura locale. Oltre al lavoro site-specific, ho collaborato con otto esperti in differenti campi per creare un corso online (MOOC).

Zheng Bo, Survival Manual I (Hand-Copied 1961 “Shanghai’s Wild Edible Plants”), 2015.​ Ink on paper, 72 sheets, 18.4 x 13cm each.

Zheng Bo, Survival Manual I (Hand-Copied 1961 “Shanghai’s Wild Edible Plants”), 2015.​ Ink on paper, 72 sheets, 18.4 x 13cm each 2.

Tang Weijie, uno studioso di lettere alla Tongji University, aveva trovato diversi libri pubblicati nel XX secolo sulle piante di Shanghai. Nel 1961, al culmine della carestia, causata principalmente dal piano economico quinquennale avviato da Mao e conosciuto come il Grande balzo in avanti, il governo di Shanghai diffuse un libro intitolato Shanghai Wild Edible Plants. Fu pubblicato come “documento interno”, per essere usato dai “compagni per la scoperta di sostituti del grano e dei vegetali”.

Ero affascinato da questo volume. L’angolatura specifica della botanica, ci ha permesso di discutere una parte della storia della Cina che era rimasta tabù. Il libro ha anche reso chiaro il legame tra natura e politica umana. Mi ha spinto a porre la seguente domanda: quali ruoli hanno avuto le piante nella storia della Cina moderna?

Zheng Bo, Weed Party, 2015. Weeds, soil, mirrors, dimensions variable.

Due anni dopo ho passato di nuovo l’estate a Shanghai, cercando le tracce delle piante infestanti in città e nei suoi documenti storici. Al Long Museum, ho trovato le erbacce rappresentate in un acquerello degli anni ‘50, dipinto dall’artista locale Li Yongsen. Intitolato Carting Grass in Spring, l’immagine mostra una famiglia felice che strappa e raccoglie le erbacce lungo una strada sterrata. L’intera opera è stata dipinta nello stile del realismo socialista, fatta eccezione per le piantine nell’angolo in basso a sinistra. In una collezione di manifesti della Rivoluzione Culturale, ho trovato un poster del 1975 intitolato People’s Postman, Party’s Propagandist. Ritrae un gruppo di persone attorno a un postino che legge il giornale del partito, il People’s Daily. Nell’angolo in basso a destra del dipinto, l’artista ha raffigurato alcune erbacce, forse della specie Bidens alba. In un archivio di fotografie della rivoluzione ho trovato numerose fotografie in bianco e nero in cui i soldati comunisti usavano questi ed altri vegetali come strumento di camoufflage. Tutte queste scoperte mi hanno suggerito che le piante sono sempre esistite in politica. Tuttavia, le abbiamo lasciate fuori dalla nostra storia politica. Occasionalmente diventano metafore quando pensiamo alla politica, o ai “salvatori” se occorre perseguire lamentele politiche. Alla fine dell’estate ho organizzato una piccola esposizione a Shanghai. Ho copiato manualmente tutti i disegni del libro del 1961 sulle erbacce commestibili e preso in prestito documenti storici da varie istituzioni. Ho anche creato un giardino di piante infestanti, immaginandolo come il quartier generale di un nuovo partito politico chiamato il Weed Party.

Ho inventato anche uno slogan per partecipare al Weed Party. “Why are you joining the Party? Is it because of belief, love, ambition, beauty, or efficiency?”. Non ne sono così sicuro, ma sempre più credo che emergerà come un nuovo -ismo. Tuttavia, “nuovo” non è la parola giusta. Wang Xiaoming ha precedentemente affermato che il consenso rivoluzionario che si era sviluppato all’inizio del XX secolo in Cina includeva già una sorta di comprensione non-antropocentrica della liberazione. Non ho ancora indagato se i miei sentimenti sono simili ai pensieri di quel periodo. Sto solo scrivendo sui miei attuali sentimenti.

Le fotografie di Zhou Enlai e Deng Xiaoping sono installate all’interno del Bois de Boulogne a Parigi, dove il Partito Comunista dei Giovani Cinesi è stato fondato nel 1922.

Durante una residenza a Villa Vassilieff a Parigi nel 2016, ho rivisitato gli anni ’20 quando Zhou Enlai, Deng Xiaoping e altri studenti cinesi basati in Francia fondarono il Partito Comunista dei Giovani Cinesi. Ponendo una domanda apparentemente illogica: “Che ruolo hanno avuto le piante in questo episodio?” intendevo sottolineare la complessità delle narrative convenzionalmente conosciute sulla storia del Partito Comunista Cinese e del comunismo internazionale, proponendo una lettura storica delle radici della crisi ecologica contemporanea e non solo. Mi sono successivamente impegnato in conversazioni con sociologi, teorici politici e botanici sempre a Parigi.

Zheng Bo, A Chinese Communist Garden in Paris, cover di New Youth magazine del 1921.

Zheng Bo, A Chinese Communist Garden in Paris, 2016-18.

Ho anche organizzato una serie di tre workshop con artisti, designer e studenti locali, immaginando un ipotetico “Chinese Communist Garden in Paris”. Abbiamo discusso su quali fossero le piante che i giovani comunisti cinesi avrebbero trovato affascinanti; quali piante avrebbero potuto essere considerate dei membri del proletariato e quali della borghesia; come i comunisti avrebbero affrontato il concetto di “specie invasive” in relazione all’idea di internazionalismo. Gli studenti dell’École du Breuil hanno sviluppato i progetti per questo giardino e realizzato numerose maquettes. L’idea di connettere le piante con la politica non è nuova. Ogni ottobre a Pechino, Piazza Tian’anmen è decorata con delle elementi vegetali per celebrare la Giornata Nazionale. Nel 1991, lo slogan Socialism is Good (社会主义好) è stato creato con piante in rosso e giallo. Nell’estate del 2016, ho ricreato questa propaganda botanica all’ingresso della Cass Sculpture Foundation a Chichester, nel Regno Unito, con la specie della Alternanthera. Abbiamo abbandonato la cura delle piante dopo l’installazione ufficiale. Nelle due settimane successive, le erbacce hanno iniziato a spuntare liberamente, diventando presto gli attori principali mentre lo slogan Socialism is Good si era invertito diventando il loro sfondo. Le forze naturali sono intervenute nella vita dello slogan in modo incontrollato. Una buona forma di socialismo dovrebbe considerare non solo gli esseri umani.

Tiananmen Square, Beijing, 1991

Zheng Bo, Socialism is Good, 2016, Alternanthera, soil, weeds, 400 x 1600 cm.

Sono stato anche invitato da The Cube Project Space a Taipei come artista in residenza. Per caso, mi sono imbattuto in un libro pubblicato nel 1945, in giapponese, da un gruppo di appassionati botanici giapponesi che vivevano a Taiwan. Intitolato Taiwan Wild Edible Plants, fu pubblicato nel marzo del 1945, cinque mesi prima della resa del Giappone. Il libro, estremamente simile all’erbario di Shanghai pubblicato nel 1961, conteneva disegni e descrizioni testuali di un centinaio di piante commestibili. La prefazione affermava: “In questo momento critico della guerra sacra, la sopravvivenza dell’Impero dipende dalla vittoria della guerra al cibo”. All’improvviso, noi esseri umani ci ricordiamo delle umili erbacce e ci rivolgiamo ad esse per sopravvivere. Come dovremmo comprendere e spiegarci questa dipendenza apparentemente insignificante?

Zheng Bo, Survival Manual II (Hand-Copied 1945 “Taiwan’s Wild Edible Plants”​), 2016.​ Ink on paper, 105 sheets, 18.4 x 13 cm each

Zheng Bo, WEED PARTY III, 2018, Installation view at PAV – Parco Arte Vivente, Photo Alessio Anastasi, Courtesy the Artist and PAV – Parco Arte Vivente.

Ho notato che le prime sei piante elencate nel libro di Taiwan erano tutte felci. Ciò era interessante, soprattutto perché gli artisti giapponesi venuti a Taiwan negli anni ‘20 dipingevano solo fiori tropicali. Nel momento più critico del Giappone, quando rischiava di perdere la guerra e si preparava a rifugiarsi sulle montagne, all’improvviso le felci apparvero le piante commestibili più abbondanti e diffuse a Taiwan. Quando i nazionalisti si ritirarono a Taiwan dalla Cina continentale nel 1949, anche loro non si preoccuparono troppo delle felci. Tuttavia, portarono le piante con sé. I prugni (alberi di susine) erano piantumati ampiamente perché Chiang Kai-shek adorava i fiori di prugna. I simboli dei fiori di prugna sono ancora oggi stampati sulla valuta taiwanese e diversi importanti movimenti sociali taiwanesi hanno preso il nome da queste piante: il Wild Lily Student Movement nel 1990, il Wild Strawberries Movement nel 2008 e il Sunflower Student Movement nel 2014. Ma nessun movimento ha preso il proprio nome da una felce.

Così, ho esposto dodici specie di felci nella mia mostra a Taipei e immaginato dodici futuri movimenti sociali con i nomi delle felci, come il Shoestring Fern Movement for freeganism, il Brake Fern Movement for urban rewilding, e il Limpleaf Fern Movement, cercando di eliminare il concetto di stato-nazione.

Zheng Bo, Pteridophilia 2, 2018. Video (4K, color, sound), 20 min.

Come possiamo raggiungere l’intimità e l’uguaglianza con le felci? In seguito, ho invitato sei giovani uomini a camminare in una foresta fuori Taipei per entrare in un contatto intimo con le felci. Hanno fatto teneramente l’amore con le piante, percependone gli odori e la consistenza tattile. Invece del linguaggio, si affidavano ai loro corpi per costruire relazioni amorose. Per fare del buon sesso, due partner devono mantenere il reciproco rispetto e la tensione, essere disposti a correre dei rischi ed essere aperti alle paure e ai piaceri dell’altro/a. Il sesso potrebbe essere un mezzo per ripensare la nostra relazione con le piante? Solo quando siamo disposti ad allenare la nostra immaginazione possiamo imparare ad apprezzare la complessa esistenza di tutti gli esseri viventi. Solo allora impareremo a vivere in modo più intelligente su questo pianeta.

Zheng Bo, Pteridophilia 2, 2018. Video (4K, color, sound), 20 min.

Attraverso questi progetti, ho tentato di reimpiantare le piante nel passato e nel futuro. Sono stato felice di apprendere che quando è stato chiesto a Zhuangzi (庄子), il filosofo taoista del IV secolo ac., dove si potesse trovare la via del Dao, ha risposto che Dao è nelle erbacce (道在稊稗). Forse Dao è una parola migliore della parola politica. Ci consente di pensare più in generale alla politica, non limitandola alle comunità umane e agli stati-nazione. Così, possiamo immaginare wanwu (n.d.r. secondo la distinzione confuciana «diecimila esseri in un corpo») in raduni planetari.

 

Zheng Bo

Zheng Bo, Earth Workers Unite, Second Yinchuan Biennale, Yinchuan, 2018.

Zheng Bo (Pechino, 1974), attento indagatore del rapporto tra piante, società e politica, è tra i più interessanti artisti cinesi dell’ultima generazione. Le sue ricerche si sviluppano in una dimensione politica dentro il campo dell’ecologia e del pensiero ecologico nell’Est asiatico attraverso l’analisi dei processi storici delle piante marginalizzate per immaginare il futuro dalla prospettiva di comunità ai margini non assoggettate alle narrazioni ufficiali. Le piante infestanti, spesso sgradite occupanti illegali e “fuori posto”, insieme alle più comuni e anarchiche erbacce non sono per Zheng Bo solo il soggetto della sua investigazione artistica ma il principale medium, il materiale costitutivo del suo lavoro, oltre che tra i suoi più stretti collaboratori. Presente a Manifesta 12 a Palermo, ha recentemente esposto alla seconda Yinchuan Biennale, Starting from the desert, curata da Marco Scotini, e alla 11th Taipei Biennale, curata da Mali Wu & Francesco Manacorda. Nella sua serie di opere Propaganda botanica, l’artista fa ricorso a slogan storici marxisti che ricrea con l’uso di elementi vegetali in modo da espandere nozioni come “uguaglianza”, “lavoratore” o “socialismo” oltre la sfera dell’umano. Il suo ultimo slogan “Earth Workers Unite”, concepito per Yinchuan Biennale e costituito di 370 piante di pioppo, lasciava aperta la possibilità di una doppia interpretazione: non tanto che fossero i lavoratori del pianeta Terra ad unirsi tra loro (secondo la versione ortodossa), quanto che diventasse possibile l’associazione tra Terra e lavoratori contro lo sfruttamento comune.

Zheng Bo, Earth Workers Unite, Second Yinchuan Biennale, Yinchuan, 2018.

«All’inizio, non usavo le piante. Il mio lavoro con le piante è iniziato nel 2013. Per me, le piante sono sia il materiale che il concetto. Concettualmente, però, sono collegate alla mia precedente indagine. Infatti, dopo aver lavorato con le piante per un certo tempo, ho capito perché preferivo le erbacce piuttosto che i platani che si trovano lungo la Nanshan road. Questo ha una connessione concettuale con le mie ricerche riguardante il problema della marginalità prima del 2013. Ho realizzato alcuni lavori su gruppi marginalizzati e minoritari, su persone appartenenti al sottoproletariato; per esempio le collaboratrici domestiche filippine a Hong Kong.
Così, quando ho iniziato a lavorare con le piante, mi sono concentrato soprattutto su quelle specie vegetali marginalizzate ed escluse, perché in un certo senso sono i membri discriminati e oppressi del regno vegetale» [i]

Weed Party III è la mostra in corso al PAV Parco Arte Vivente di Torino, curata da Marco Scotini, e concepita come il terzo appuntamento dopo il giardino d’erbacce e terra realizzato per l’interno del Leo Xu Projects di Shanghai nel 2015 e il lavoro sulle felci per The Cube Project Space di Taipei nel 2016. Come possono le erbacce insegnarci a praticare la vita politica? Come imparare dalle erbacce l’arte di non essere governati? Oggi, il capitalismo non è solo una pratica di sfruttamento economico della forza-lavoro, ma anche (e fondamentalmente) una forma storica di alienazione e di dominazione che si estende al lavoro domestico e al lavoro che coinvolge la natura, in generale. “In questo momento critico della storia – come scritto Zheng Bo – incorporare il pensiero ecologico nella nostra cassetta degli attrezzi è un mandato per tutti noi”, quindi dobbiamo cambiare radicalmente tutti i nostri strumenti critici, nella relazione tra natura e lavoro.

Zheng Bo, Pteridophilia 1, 2016. Video (4K, color, sound), 17 min.

I due film del ciclo Pteridophilia (l’ultimo della trilogia è stato appena presentato a Taipei), esposti al PAV, sono stati inquadrati nel contesto della teoria e dell’attivismo ecoqueer: ambientati nelle lussureggianti foreste di felci a Taiwan, mostrano sette giovani nudi che fanno sesso con le piante, fino al secondo video in cui il rapporto sessuale si conclude con il ragazzo che divora la pianta. Se l’ecofemminismo ha tenuto conto della natura interconnessa delle categorie sociali come genere, razza, classe, sessualità, insieme a questioni come il colonialismo in un approccio intersezionale, il termine “queer ecology” si riferisce a una costellazione interdisciplinare di pratiche che mirano, in modi diversi, a decostruire l’eterosessismo dominante e il discorso normativo, attraverso differenti articolazioni della sessualità e della natura, sovvertendo i rapporti tra potere, patriarcato e capitalismo, in un nuovo concetto gender-bending in cui nessuno esiste “contro-natura”.

Zheng Bo, Pteridophilia 2, 2018. Video (4K, color, sound), 20 min.

«Questo lavoro è stato realizzato a Taiwan nel 2016 – racconta Zheng Bo nell’intervista con il ricercatore Yang Jing -. Da prima avevo un forte interesse per l’erotismo nell’arte. Nel 2004, ho realizzato un progetto intitolato Watch Porn and Learn English. Questo breve video era connesso con la mia esperienza di artista in residenza a Parigi quando chiesi a un lavoratore di realizzare una scatola di legno. L’ho installata nel mio appartamento e ho piantato alcune erbacce al suo interno. Ogni mattina, quando mi svegliavo, per prime vedevo le erbacce; ogni notte, quando andavo a dormire, le erbacce erano ciò che guardavo per l’ultima volta. Vivevamo insieme nello stesso appartamento. Ho sentito una profonda intimità e complicità con queste erbacce. Poi, ho iniziato a pensare in quali circostanze un uomo può entrare in intimità con le piante. Il mio compagno di università una volta mi disse che il sesso costruisce l’intimità tra le persone. Il sesso ti fa capire rapidamente tutto di una persona, anche se questa è un’estranea. Certo, stava parlando di relazioni di profonda intimità tra le persone e non di prossimità. Ho pensato che forse potevo diventare più intimo con le piante attraverso il sesso. Nel 2016, ho realizzato questo film a Taiwan. Sei giovani uomini entrarono in una foresta e fecero sesso con le felci. Quando gli attori sono venuti per l’audizione, ho scoperto che alcuni di loro avevano assunto le felci come strumento non-vivente, così trattavano le piante come si toccano gli oggetti. Ho detto agli attori che, trattandosi di un’attività sessuale, dovevano considerare il loro partner sessuale allo stesso modo pensando anche a soddisfare il piacere delle piante. Alla fine gli attori reclutati hanno fatto del loro meglio per esprimere questa sensazione; certo che era difficile, ma abbiamo cercato di far sentire che il rapporto fosse sullo stesso piano» [ii].

Zheng Bo, Pteridophilia 3, 2018. Video (4K, color, sound), 15 min.

In 25 Ways to Make Love to the Earth (o anche in Ecosex Manifesto, scritti da Elizabeth Stephens e Annie Sprinkle) leggiamo il seguente statement: “Smell her/Taste her/Touch her all over/Hug and stroke her trees/Talk dirty to her plants/Kiss and lick her, etc.”.  Zheng Bo non definisce l’amore nei linguaggi del binarismo normativo, imposto come costruzione sociale dalla religione o dalle istituzioni, né tantomeno dal romanticismo, ma cerca invece una definizione in termini politici, ecologici e artistici verso una trasformazione di soggettività capace di provocare una rivoluzione del “dominio molecolare del sensibile, dell’intelligenza e del desiderio” (Guattari). In Pteridofilia, il sesso potrebbe diventa un mezzo per ripensare la nostra relazione con le piante e la natura, soprattutto se le piante sono felci. Come scrive Marco Scotini a proposito: «la felce è una pianta asessuata che non produce semi o fiori. L’apparato sessuale di questa pianta – il sistema riproduttivo – è nascosto, quindi non vive secondo procedure sessuali canoniche. Ciò che interessa a Zheng Bo non è di produrre una pornografia vegetale, ma di far percepire alla gente che le piante sono un organismo attivo. L’unione tra uomo e natura riflette sulle forme del socialismo e sulle ragioni del suo fallimento. Infatti, Zheng Bo contesta la versione separatista del rapporto tra uomo e natura, uomo e ambiente. La riflessione sull’apparato socialista e sull’assenza dell’elemento ambientale è una risposta al collasso della natura».

Zheng Bo, WEED PARTY III, 2018, Installation view at PAV – Parco Arte Vivente, Photo Alessio Anastasi, Courtesy the Artist and PAV – Parco Arte Vivente.

Zheng Bo, WEED PARTY III, 2018, Installation view at PAV – Parco Arte Vivente, Photo Alessio Anastasi, Courtesy the Artist and PAV – Parco Arte Vivente.

Zheng Bo, WEED PARTY III, 2018, Installation view at PAV – Parco Arte Vivente, Photo Alessio Anastasi, Courtesy the Artist and PAV – Parco Arte Vivente.

Zheng Bo e Marco Scotini, WEED PARTY III, 2018, PAV – Parco Arte Vivente.

Enrico Bonanate, Zheng Bo e Lucia Ranaboldo, WEED PARTY III, 2018, PAV – Parco Arte Vivente.

 

[i] Zheng Bo in Plants, Sites and Political Discourses: una conversazione con Zheng Bo, di Yang Jing, 2017.

[ii] Zheng Bo, ibidem.

 

Il testo, scritto nel maggio 2018 in occasione di un seminario, è contenuto nella pubblicazione a cura di Kristiina Koskentola, Soils, Seances, Sciences and Politics:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *